martedì 15 settembre 2015

Quando c'era Marnie di Hiromasa Yonebayashi

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Articolo di: AleK

Da dove iniziare a parlare di quello che potrebbe essere l'ultimo film dello Studio Ghibli (in realtà, sembrerebbe di no, ma fa sempre un certo effetto scriverlo ^^)?
Non è facile.
Soprattutto per chi, come me, segue questo studio d'animazione da almeno tre lustri, da quando gli Esperti di cinema ci davano degli sfigati per guardare i cartoni animati (e non riuscivano a vedere le differenze neppure tra un film Pixar e uno Dreamworks buttandoli nello stesso calderone dell'animazione al computer), per poi passare all'epoca in cui non eri un Esperto di cinema se non davi a Miyazaki del Poeta e per finire ai tempi nostri in cui ne sai a pacchi solo se li critichi, perché ormai piacciono a tutti....

Che squallore.
Pensare che sognavo i tempi in cui questi film avessero avuto più diffusione.
Guardo il passato e vedo il presente, un po' questo film tratta anche di questo argomento: i sogni della fanciullezza e la tremenda realtà della vita.

Non è nel mio stile non essere chiaro fin dall'inizio su di un'opera, ma questo film mi ha messo in crisi, l'ho tanto odiato all'inizio quanto amato nel finale. E il finale è importante... nonostante i difetti dunque, lo reputo un bel film.

L'inizio è atroce, è il classico prodotto giapponese parossistico sul disagio adolescenziale post-Evangelion (a scanso di equivoci, adoro la serie Neon Genesis Evangelion compreso il finale, è una delle rarissime serie d'animazione giapponese a piacermi).
La protagonista, come sempre in questi prodotti (e poi mi dicono che non c'è del fan service) è il classico Brutto Anatroccolo elevato al cubo. Con la differenza che nella favola il protagonista era brutto davvero, sarà crescendo che dimostrerà chi era, qua invece (ancora: come sempre) abbiamo una ragazzina palesemente sopra la media, che disegna meglio della metà dei copertinisti italiani, ma che si sente brutta e inadeguata... pensa di disegnare male. Forse ha un problema di vista...
E' un po' paraculo parlare di disagio giovanile mostrando una persona eccezionale e brillante, infatti tutto l'inizio è atroce e insopportabile.
Dalla ragazzina che si sente un mostro alla coppia che l'accudisce formata da persone straordinarie (e incoscienti, visto che ogni tanto la ritrovano svenuta tra i cespugli senza preoccuparsene), tutto è studiato a tavolino per piacere al pubblico.

Sembra il classico film statunitense creato da un consiglio d'amministrazione: "Mettiamoci un po' di questo e un po' di quello...ah si, anche quest'altro che va di moda. Esageriamo però, che sia evidente anche per un ritardato".

Ma poi le cose, lentamente, iniziano a cambiare, il film perde linearità e un po' del parossismo che lo contraddistingueva, i problemi della protagonista iniziano ad esser mostrati in scena in maniera sempre più aggraziata anziché buttati in faccia allo spettatore (o addirittura raccontati con spiegazione!) e gli eventi inizieranno a preparare lo spettatore per il Gran Finale.
E con Gran Finale non intendo minimamente la risoluzione del mistero che fa da motore degli eventi, ma le conseguenze ad esso associate: a un certo punto il film uscirà di forza dall'idillio dell'infanzia e ci scaraventerà nel mondo reale. Tutti i sogni, le avventure, i giochi e le speranze di un'età spensierata e che sembra eterna, verranno confrontati con l'amara realtà della vita adulta, anonima e indistinguibile da mille altre, sprigionando quella terribile sensazione, come quando decenni interi della nostra vita ci sembrano esser stati più brevi e vuoti di una sola estate vissuta nella fanciullezza.
E' la stessa identica atmosfera che si respira nel finale di Stand by me, quando dopo un'avventura quasi magica (dal punto di vista di fanciulli) ci si scontra con la realtà del futuro e della vita adulta, pochi giorni col valore di una intera vita. Bastava un niente, un campo verde... 
E così, all'improvviso, convinti di essere già alla fine e mentre ci si chiede se il film sia piaciuto o meno, ci cade addosso la realtà dei fatti e ci si ritrova con una terribile sensazione di pesantezza sul petto, consapevoli che più che una storia di formazione per ragazzi, ci si trovi di fronte ad una storia d'amore dedicata alla propria infanzia, da parte dell'autore.

Ma non è la solita opera per sognatori che non accettano di essere adulti, che guardano vecchi cartoni doppiati male e che pensando che i bimbi di oggi non si siano divertiti come loro (cosa detta dai miei nonni ai miei genitori, dai miei genitori a me, da me ai miei cuginetti e che, sicuramente, sarà detta dai miei cuginetti ai loro figli e così via in eterno) qua non c'è traccia di un'infanzia perfetta, semmai di tante illusioni e negazioni della realtà tipiche dell'infanzia. Non ci sono ipocrisie, la commozione sorge spontanea di fronte all'incredibile forza dei bambini, nel rendere magico e meraviglioso il loro mondo rispetto la difficoltà degli adulti nell'esser felici.
La protagonista stessa viene definita giocosa e spensierata nella sua fanciullezza, rispetto al disagio che prova nell'età adolescenziale, ovvero nell'entrata del mondo degli adulti.
La sua crescita non sarà nel rifugiarsi in un mondo che fu, sarà nell'accettare il mondo reale con la forza di un fanciullo.

Ci sono opere in grado di regalarci scene ad alto impatto emotivo, momenti indimenticabili che da soli reggono la pellicola o il libro, come i primi minuti del film Up! oppure la scena del bacio in ascensore in Drive, senza parlare degli incipit di alcuni romanzi di Carlton Mellick III, Quando c'era Marnie è una di queste opere, forse imperfetta nella sua totalità, ma comunque indimenticabile in certi passaggi.

3 commenti:

  1. Davvero redo che quest'opera ti abbia messo in crisi, ma lo dico positivamente, perché è raro trovare oggi come oggi qualcosa che ci sorprenda.
    Meglio così, vuol dire che siamo ancora in grado di sognare ed emozionarci.
    Per quanto riguarda Miyazaki e lo Studio Ghibli ricordo anche io i tempi di cui parli, sia quando eri uno sfigato perché lo conoscevi, sia quelli in cui uscivano un sacco di riviste come la scomparsa E-Motion in cui si analizzavano fotogramma per fotogramma i suoi film.

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  2. Un po' come quando si parlava di zombi! ^^

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