lunedì 28 settembre 2015

Love, di William Eubank (2011). La solitudine di un astronauta e del genere umano. Recensione priva di spoiler.

Scritto da: Ataru Moroboshi

Avevo apprezzato The Astronaut - The last Push (post su A noi vivi), mi era piaciuta l'idea di un astronauta completamente solo che decide di rischiare e abbandonare tutto, per inseguire pienamente l'umana pulsione esplorativa. 
Però qualcosa strideva. Malgrado la buona costruzione ed il mio personale apprezzamento dell'opera, appariva davvero difficile credere possibile che volontariamente una persona potesse accettare, avendo la possibilità di evitarla, la solitudine completa
In fondo, anche nel recente Interstellar del buon Christopher Nolan, quando veniva recuperato uno scienziato criogenizzato su un pianeta possibilmente abitabile, dopo il risveglio ed un bel pianto questi recitava proprio la condivisibilissima frase:
"Pregate di non sapere mai quanto può esser bello vedere il viso di un altro". 

Insomma, la socialità è una prerogativa (non esclusiva) della nostra specie ed il comportamento del protagonista di The astronaut mi era apparso un po' troppo risoluto. A metterci una "pezza" ci pensa un film molto simile e che è uscito nelle sale ben un anno prima! Magia-magiaaa.
Parlo di Love, pluripremiato film statunitense, uscito in sala il 14 febbraio (!) 2011, diretto da William Eubank ed autoprodotto dal gruppo rock degli Angels & Airwaves.




La visione di questo film, come mi capita sempre più spesso di recente, è partita non solo priva di preconcetti, ma realmente senza conoscer nulla della pellicola, nemmeno il trailer, ad eccezione del fatto che fosse la storia di un astronauta abbandonato sulla ISS, ovvero la stazione spaziale internazionale. Punto.

Eppure anche questa semplice informazione si è dimostrata errata nei primi dieci minuti! Il regista si è messo d'impegno per stupire lo spettatore, facendo partire la vicenda durante la guerra fratricida americana (quale delle tante?), quella fra nordisti e sudisti (ahhhhh). Questa parte, splendidamente girata, si ricollega solamente alla fine del film alla successiva storia di un solitario astronauta che, in procinto di tornare sulla terra, scopre come la propria missione sia stata prolungata senza un termine ben stabilito e senza che possa più comunicare con l'esterno.

Ecco il set principale di tutto il film ... un poco claustrofobico vero? Presa da qui.

Il protagonista, l'astronauta Lee Miller, si ritrova così su una vera e propria prigione orbitante, completamente isolato e con risorse di ossigeno, cibo ed energia limitate. Dovrà lottare contro queste carenze e più ancora con la totale solitudine ed alienazione.
Emerge in quesra sezione il vero tema del film a cui accennavo all'inizio, la necessità per ogni essere umano di avere qualcuno con cui condividere pensieri, parti della propria esistenza e amore. E' chiaramente mostrato e spiegato, come un uomo isolato dalla comunità sia facile preda della follia. Aggiungo io, oggi risulta vero anche il concetto opposto e l'estrema esposizione a continue forme di socializzazione reale ed informatica (social-cicci), porta altrettanta pazzia ;) 

Presa da qui.

C'è un messaggio importante in questo film, la descrizione di una pulsione primaria che valica le epoche ed i luoghi, che va compresa per non essere sottovalutata, per non approdare all'infelicità. Questo è certamente il pregio principale.
Un terzo della pellicola, il primo, può addirittura esser considerato brillante: è davvero ben fatto e piacevole da seguire, con un montaggio equilibrato, una recitazione minimale, ma curata ed un'ottima fotografia. 
Poi però il debuttante regista William Eubank si perde; giunti a metà dell'opera sarà difficile non chiedersi dove andrà a parare e questa domanda permarrà sino alla fine del film.
Lo spettatore oscillerà più volte fra una opinione fortemente positiva, del tipo "questo film mostra realmente il valore delle interazioni" ed il timore crescente che tutto si trasformi in una cazzabbubbola colossale.
Ed un po' di cazzabubbola c'è, è innegabile, ma il giudizio va mantenuto sospeso fino al gran finale, che non posso proprio rovinare.

Kamehamehaaaaa (onda energetica!). Presa da qui.

Le musiche sono un altro pregio di questo lavoro e guadagnano spazio verso la fine del film, quindi se a tre quarti della pellicola sarete agonizzanti, sappiate che avrete diversi motivi per resistere e concluderla.
Love ha da comunicare più di quanto appaia, ma bisogna aver la pazienza di ascoltare sino in fondo il messaggio, sommando alla trama le immagini, la musica e la voce narrante finale, proprio come ... come ad un concerto!
Sarà un caso, o il gruppo produttore avrà un po' influenzato il regista neofita? Mi riferisco in particolare a Tom DeLonge ex chitarrista/cantante dei Blink-182 ed ora impegnato negli Angel & Airwaves.

Si, dico proprio a te! Presa da qui.

Noooo, non voglio credere di vivere in un mondo in cui i produttori possan far cose simili ;)

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