lunedì 3 agosto 2015

Pugni di armadillo di Carlton Mellik III

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Articolo di: AleK

Quando leggo recensioni o commenti su opere varie ci sono alcune abitudini che non riesco a comprendere. Una è quella di lodare un autore per le idee stupefacenti o innovative che è riuscito a tirar fuori, anche se il libro o film in questione è scritto/diretto male e (soprattutto) povero di contenuti.
Per quanto mi riguarda è come lodare un film per i soli effetti speciali o la quantità d'azione che, mi rendo conto, sono entrambe cose che fanno guadagnare un sacco di consensi e soldi, ma che per me è l'equivalente di un cancro inarrestabile che ci sta portando verso la barbarie.
Questo porta a situazioni incredibili in cui la gente (magari pure critici famosi) non riesce a vedere la differenza esistente tra una serie che è pura merda distillata e venduta per venire incontro alle facoltà mentali (cit.) di certa gente e una perla rarissima come il nuovo Mad Max (recensito da me qualche settimana fa) buttandoli nello stesso calderone.

Pugni di armadillo (che, vi anticipo subito, è la prima opera di Mellick pubblicata in Italia a non avermi convinto appieno) è l'opera perfetta per dimostrare quanto idee brillanti e ben amalgamate, da sole, non bastino a scrivere un'opera eccellente...


Chi segue il blog ormai è a conoscenza della mia passione verso questo autore, ma oggi è giunto il momento di mettere in chiaro certi punti: adoro i libri di Mellick, ma non le bizzarrie fini a se stesse. Reputo che la vera forza di questo autore non stia tanto nelle idee che sforna (una vera fucina) o in come le mette assieme, ma nella maniera in cui riesce a trasmetterle come cose assolutamente naturali e coerenti, fancendo immaginare al lettore un mondo reale e credibile.
E il Come ci riesca, è il punto fondamentale del mio discorso: al di là della tecnica retorica esistente, che insegna agli autori a raggiungere certi fini (e che è importante, non illudetevi), Mellick parla sempre del nostro mondo, a volte lo fa parlando della sfera privata, come ne La vagina infestata, a volte parlando di problemi di massa, come ne La marcia carnale, ma ogni volta i vizi, le manie e le ipocrisie dei suoi personaggi o presenti nelle società che descrive, sono quelli del mondo reale.

Mellick, attraverso i propri personaggi, dà voce alle persone quando restano ammutolite di fronte a piccoli paradossi o situazioni kafkiane quotidiane, come il protagonista de La vagina infestata quando si sente dare del nazista da un barbone, o il protagonista de la marcia carnale che sembra dar voce a chi subisce un processo mediatico per non amare incondizionatamente i bambini o per non volersi schierare con la marea di cerebrolesi che li vorrebbero far vivere dentro una bolla per proteggerli dal lupo cattivo... Queste piccole cose, che magari molti sottovalutano, rendono le sue storie molto più concreti, interessanti o reali di altre e permettono di accettare tutte le bizzarrie proposte senza pensare a come possa essere plausibile una cosa del genere.
Riguardo La marcia carnale ho un piccolo aneddoto... Mesi fa mi imbattei in una discussione su un social network in cui varie mamme diversamente pensanti auguravano la morte agli islandesi per via di una loro abitudine particolare (che poi non è di loro esclusiva, ma vabbé), quella di lasciare le carrozzine, con i loro bebè dentro, fuori dai locali in cui entrano. In realtà lo fanno anche nelle loro case, preferendo far dormire i piccoli in giardino, al calduccio nella loro carrozzina, piuttosto che in casa con l'aria viziata, ma là si parlava dei locali.
Le madri erano infuriate visto l'enorme pericolo che incombeva sui figli degli islandesi e con abile uso di un italiano molto approssimativo, scaricavano la loro ira su di loro, compiacendosi di essere madri migliori. Nonostante il terreno fosse fertilissimo per una trollata epica contro incapaci e disagiati, ho voluto evitare, così mi sono limitato a farle notare che la mortalità infantile in Islanda è la metà di quella italiana, così male quei bambini non dovevano stare... apriti cielo. Sono sopravvissuto solo perché, dopo aver assassinato la grammatica italiana, erano già sazie. Per me, leggere La marcia carnale è stata una soddisfazione unica, senza spiegoni, senza essere pedante e senza perder mai il senso dell'umorismo, con idee incredibili, Mellick era riuscito ad affrontare il problema, lasciandolo sempre in secondo piano e regalandoci uno dei suoi migliori finali, in cui riusciva a ribaltare tutto.

Ma non erano le idee brillanti e intriganti a permetterglielo, erano i contenuti o, meglio, l'aver qualcosa da dire di importante e interessante. Lo specifico bene, perché Contenuto oggi ha anche un'accezione negativa, come di un qualcosa di forzato che un autore inserisce nella sua opera solo per darsi un tono. Fenomeno assente nelle opere di questo autore che ho letto fin'ora.
Senza contare poi l'abilità nel creare scene di una potenza emotiva senza precedenti, in grado da sole di sostenere un'opera intera, come accade in Kill Ball o in Apocalisse Peluche (e lì torniamo a quelle tecniche di retorica che consigliavo di non sottovalutare troppo). 

Purtroppo però tutto questo è molto limitato in Pugni di armadillo.
Durante tutta la lettura, mancavano quei riferimenti forti al mondo o alle persone, mancavano quelle scene così intense a cui mi aveva abituato, c'erano solo tante idee geniali, tante citazioni, tanti colpi di scena (alcuni davvero ottimi) che però da soli non sono bastati. L'ultima parte dell'opera, nonostante il susseguirsi di sorprese, è stato per me interminabile, e quando il lirismo è aumentato, era ormai troppo tardi, l'autore mi aveva perso. In tutto questo, anche le bizzarrie (come le pistole yo-yo che mi ricordavano solo le improbabili armi cinesi di un wuxia mal fatto in salsa gangster) iniziavano a stridere e a sembrarmi troppo ridicole... una cosa che, durante la lettura di altre sue opere, non mi era ancora capitata. Senza un mordente, la mia sospensione dell'incredulità vacillava e alla fine mi è sembrato solo un omaggio a una certa cinematografia fine a se stesso. Un po' anche Kill Ball, all'inizio, soffriva dello stesso problema, solo che nella seconda metà si scrollava di dosso il citazionismo e esplodeva il Mellick vero di cui parlavo più sopra (senza contare l'incredibile incipit che ci presenta il mondo immaginario del libro) mentre qua si continua fino alla fine in una escalation di colpi di scena, senza che emerga qualcosa di interessante.

Riguardo allo stile, vi rimando all'ottimo articolo presente sul sito dell'editore, in cui ne vengono evidenziati i limiti, di mio posso solo aggiungere che in questo caso ho fatto fatica a sopportare le eccessive ripetizioni e i piccoli spiegoni che informavano sempre il lettore di quanto accadeva o era accaduto. Probabilmente qualche limite stilistico era presente anche in altre sue opere, solo che il mio interesse era monopolizzato dagli eventi e dalle loro implicazioni, senza curarmi di qualche sbavatura. 


In conclusione, consiglio questo libro a chi già conosce l'autore, lo apprezza e ha piacere nel seguire le sue opere, a chi non ha mai letto nulla di Mellik consiglio di iniziare con qualche altro testo, come Il villaggio delle sirene, in cui è presente tutto il meglio dell'autore e in più ha un'ambientazione horror che magari può aiutare un lettore più tradizionale ad accettare le bizzarrie proposte.


2 commenti:

  1. Sono d'accordo. Alla fine ho dato l'ok per portarlo solo perché col capitolo finale si risolleva tornando un po' verso la capacità di mostrare il lato umano di altre opere di Mellick (e perché è l'opera a cui Mellick tiene di più), ma nell'insieme la reputo inferiore ad altre.
    Gli spiegoni spezzettati qui e là e tutti quei cambi di punto di vista continui pesano, sì... e pensare che in Italia ancora c'è chi pensa che "infodump" (un parola che ha solo connotazioni negative, "dump") non sia una cosa da evitare. :-)

    Rimanendo sul clima un po' cazzone di quest'opera, le è superiore secondo me "Apeshit": tentativo di CM3 di realizzare in forma di romanzo un B-movie horror a base di liceali idioti in una casa isolati nei boschi. Anche qui con cambi di PdV repentini che di cui non colgo il senso... non sono nemmeno davvero cinematografici, non è il tentativo di realizzare una telecamera neutra (concetto che non è realmente possibile in narrativa, ma la spiegazione è lunga da fare), è più manzoniano che altro. "Apeshit" poi è più scioccante: il gruppo di liceali è una collezione di casi umani, inclusa una cheerleader col fetish degli aborti... XD

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    1. Non è il caso di Mellick, ma spesso nell'infodump credo ci sia molto narcisismo: "Guardate che Mondo o Trama superfighi che ho creato, ve li snocciolo fino ai minimi dettagli perché non vi perdiate nulla della mia genialità". In alcuni racconti la storia è praticamente la descrizione dell'ambientazione. o_O

      Per tornare al libro, ci sono comunque parti notevoli e ben fatte, l'integrazione delle "lacrime nere" di Mr. Scusa nella narrazione è fatta così bene da apparire naturale...

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