mercoledì 27 maggio 2015

Paprika

Scritto da Estrolucente

Ho deciso di raccontarvi la storia di Atsuko Chiba. Eccola qui.


Atsuko è la protagonista di un anime che adoro. Si intitola "Paprika".
Quante volte l’abbia rivisto non si può dire, ed ogni volta mi sorprende e incanta.
Dico subito che alla prima visione non si capisce assolutamente nulla. Ma neanche alla seconda, in verità. E, per dirla tutta, nemmeno alla terza. Chi desidera una spensierata evasione passi oltre.

Breve riassunto della trama:


Atsuko è una psicoterapeuta. A differenza di tutti gli altri psicoterapeuti, che si limitano a interpretare i sogni dei loro pazienti, lei ci salta dentro.
Utilizzando un’apparecchio sperimentale, il DC-mini, riesce a intrufolarsi nell’inconscio, a vagabondare attraverso le visionioniriche dei pazienti.
Il dispositivo viene naturalmente rubato, e il Dottor Shima, responsabile del progetto, viene nientemeno che rinchiuso nel sogno di un pazzo.
Il “ladro” vorrebbe giocare con i sogni degli uomini, per annientare la loro personalità e per governare il mondo .
Il detective Konokawa, personaggio bellissimo che ha la fobia del cinema (lui da solo meriterebbe un film a parte),  insieme a Paprika (che altri non è che la dottoressa Atsuko, quando si trasferisce nei sogni altrui) e all’inventore del DC-mini, il dottor Tokita, risolveranno il caso.



Detto così sembra niente, e invece è uno dei tre anime che mi porterei sulla classica isola deserta.
Alla termine del film non si sa più dove stia il limite tra realtà e fantasia.
La cosa meravigliosa di un lungometraggio come questo, è che sarebbe semplicemente impossibile raccontare la stessa “storia” al di fuori del mondo dell’animazione. Non ci sono effetti speciali che tengano. Ho scritto “storia” tra virgolette, perché in realtà non c’è una storia.

Tratto da un romanzo di Yasutaka Tsutsui (uno dei “grandi” della fantascienza giapponese), Paprika va oltre gli stilemi del genere, e forse del cinema stesso. Un’opera metacinematografica, come dicono quelli che usano paroloni.
Si sovrappongono, si incastrano e si confondono in maniera superlativa e straniante i livelli della realtà e del sogno, del cinema e della sua stessa ragione di essere.

Il regista, Satoshi Kon, è lo stesso di Perfect Blue e di Millennium actress, tanto per dirne due, i primi che mi vengono in mente. Paprika forse non è nemmeno il suo film migliore dal punto di vista puramente stilistico, ma è di certo quello che amo di più. Perché “lo sento”.
Satoshi Kon è un mago (nel senso che sa fare magie).
Nelle sue mani l’animazione diventa arte (nella mia accezione del termine, naturalmente), un’arte “pensata” per portare via, stordire, coinvolgere, spezzare luoghi comuni. Come se fosse riuscito a padroneggiare un linguaggio “reale” fino a farne strumento per discorrere di cose irreali. Come costruire ali di farfalla con tubi di ferro.

I films di Satoshi Kon sono tutti legati da un filo conduttore:
parlano di un Giappone diviso in due: una parte proiettata nel delirio d’un futuro immaginifico, fantascientifico; e un’altra talmente povera da non potersi permettere altro che i sogni.
I sogni sono allora il punto di contatto dei due estremi.
Cosa sono i sogni?
L’ultima frontiera della nostra privacy.
Di questo si farla in Paprika. Della caduta dell’ultima frontiera. E’ un tema immenso, c’è materiale a bizzeffe su cui riflettere.

I disegni sono bellissimi. Lo dico sentendomi allargare il cuore mentre lo scrivo.
Alcune scene sono dei capolavori in sé. Ad esempio quella della parata è semplicemente indimenticabile, e la parola non rende l’idea.




Si tratta di un film ostico, lo dico subito; ma se si possiede curiosità, e pazienza, e amore per i dettagli infiniti, se si ama il cinema oltre se stesso, allora è il film giusto.

Il finale non è importante, e infatti Satoshi Kon lo “lavora” piuttosto in fretta. E’ chiaro che non gliene importa proprio niente. Laddove le trame si sciolgono, i significati traspaiono e tutto si fa più chiaro, ecco che l’incanto del disorientamento inevitabilmente svapora, e il regista, amorevolmente, ci risparmia questa fase agonica, sintetizzandola e liquidandola in fretta, seppur con grande senso della magia.


Un film che non consiglierei a nessuno, solo per poterlo avere tutto per me.


2 commenti:

  1. Come scrissi in passato, a me il film non ha convinto molto, ma per un commento più argomentato dovrò rivedermelo. ^^

    Sulle considerazioni sul "finale" posso essere d'accordo, l'intreccio e la sua risoluzione sono molto (troppo) sopravvalutati, non solo perché nella vita reale spesso manca quella risoluzione e molte cose restano ignote, ma perché spesso distoglie l'attenzione del lettore/spettatore da quelle che sono le tematiche dell'opera o anche dal semplice "arco narrativo" di un personaggio.
    Però a volte il finale chiude un ciclo e nel chiuderlo offre molto su cui pensare, nel caso di Paprika, come ti dissi in altra sede, quel finale mi sa tanto di leccata di culo...
    Ma tornado ai temi, quali temi ti sono piaciuti di più e perché? ^^

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  2. Oltre quanto scritto nel post, devo dire che mi intriga la sperimentazione, il tentativo di piegare gli strumenti narrativi per permettergli di esprimere cose nuove.
    Esiste tutto un universo "ineffabile" che è alla ricerca del linguaggio che lo esprima, e secondo me in questo film c'è una gran voglia di provare a fare proprio questa cosa.
    Ma ne riparleremo :-)

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