lunedì 24 novembre 2014

Un tuffo nel relitto di Kristine Kathryn Rusch

www.delosstore.it
Articolo di: AleK

Dire che questo sia un racconto che parla di avidità  sarebbe come affermare che l'acqua bollente scotta... e per una ragione molto semplice: il concetto viene ripetuto più volte durante il racconto.
Tutto infatti viene narrato in prima persona dalla protagonista e non ci risparmia nulla, da quel che vede a quel che pensa, passando per quello che teme. La qual cosa aiuta molto ad immergersi nell'avventura attraverso gli occhi di un testimone, però condiziona anche molto le impressioni del lettore.
Se mi avessero raccontato questa storia in modo imparziale e in terza persona, con quelle caratterizzazioni dei personaggi e le scelte da loro effettuate, probabilmente non avrei mai pensato al concetto di avidità.
La protagonista sarà stata troppo dura con se stessa o l'autrice ha voluto inserire la tematica a forza? Un'idea me la sono fatta ed è parecchio differente da quella iniziale...

Indipendentemente da ciò, il risultato finale è un ottimo racconto, gradevole da leggere e parecchio avvincente, anche dopo la lettura si rimarrà immersi nelle atmosfere del racconto e pensierosi su quanto è accaduto.

Ed è stato proprio pensando che ho iniziato a chiedermi che cosa c'entrasse l'avidità... nella mia mente era tutto logico, ogni scelta dei protagonisti, sulla prudenza sul continuare l'esplorazione, sulla riservatezza. Non ci vedevo alcunché di male. Non potevo comprendere le accuse che si infliggeva la protagonista e a un certo punto ho iniziato a storcere il naso, a pensare che l'autrice avesse intenzione di voler trattare a tutti i costi quella tematica, senza riuscirci.

Poi mi sono accorto di una cosa...

Ero entrato completamente nel racconto, bramavo sapere come continuasse l'avventura, non potevo accettare il sospenderla, mi arrabbiavo contro lo zelo verso le norme di sicurazza, non sopportavo che i protagonisti potessero stancarsi. Ero io stesso sopraffatto dall'avidità: l'avidità di sapere.

Chi segue il blog sa che odio i mistery e tutti i racconti o romanzi che fanno del mistero l'unico scopo della lettura. Però adoro le storie di scoperta e esplorazione tipo Incontro con Rama, forse sembra una contraddizione, ma non lo è.
Nei mistery tutto ruota attorno ad un mistero la cui soluzione arriverà solo alla fine. E tutto il resto normalmente è quasi trascurabile.
Al contrario, le storie di esplorazione basano tutta la loro forza nell'emozione dell'esplorazione stessa, indipendentemente dalla risoluzione o meno dei dubbi.
Non è l'arrivo l'importante, ma il viaggio. E durante il viaggio si focalizzano molto su quel che accade tra i personaggi, sui loro timori, sulle loro riflessioni; sono storie molto più intimiste e con molti più spunti di riflessione.

E questo non fa eccezione, mi ha trasportato talmente dentro alla storia e ai dubbi dei personaggi da avere perso di vista e sottovalutato io stesso le norme di sicurezza e la stanchezza. Cosa rara, visto che normalmente il lettore/spettatore è come una morale esterna dei personaggi e si accorge sempre quando costoro commettono un errore o fanno una stupidaggine.
Quello che più mi è piaciuto è l'umanità che è emersa dalla storia, è un racconto molto sensoriale, fatto di stanchezza, paura, bramosia e, soprattutto, ossessioni che portano a incrinare qualsiasi rapporto, rendendoci ciechi.

Ovviamente è solo un racconto, nel senso che non darà spazio a caratterizzazioni approfondite e lunghe riflessioni, tutto si svolge in poche decine di pagine (metà del libro è occupato dal catalogo Delos), ma dense di emozioni e dalle quali emergono senza pietà quelli che sono i tratti umani che ci caratterizzano: un'amicizia, una storia d'amore, qualsiasi relazione può definirsi tale solo quando sopravvive a una crisi profonda. O forse no, forse è tutta un'illusione di cui abbiamo bisogno per sopravvivere...

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